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Lampemusa

by Giacomo Sferlazzo

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1.
LamPoesia 00:55
Lampoesia. La scuma di lu mari mi vagna e ndi li seculi mi scuagghia Dintra di mia scurri lu focu nturciuniatu comu ndi la pagghia ardenti Strica nda li muri bianchi lu ventu Frisca comu sciaramerri ndi la notti santa Lu cani abbaia , la porta sbatti Supra li marciapedi li carusi iocunu alla guerra Na nuvula si sciacca e chiovi fangu supra a terra Sugnu nu scogghiu ndi l’azzurru dilatatu Li putenti d’ogni tempu mannu marturiatu.
2.
La canzone del santuario della Madonna di Porto Salvo di Lampedusa A Lipadusa c’era nu focu ca sempri ardia pi matri Maria E da lu mari la genti vinia e pi lu mari la genti s’innia Greci e Romani Turchi e cristiani dintra na rutta nzemmula stannu Di l’ogghiu sacru mai fannu ammancu e ognunu prega alla so manera E nzemmula si ncucchiunu li vusci do mediterraniu E fannu na parlata sula sulu na litania Na poesia a Matri Maria Maria Maria Matri matri alla casa tu fammi turnari. Tutti sti genti morti ormai sunnu sutta la terra li vermi ci l’hannu Ma la so vusci do ventu si senti: "Dunn'è lu foce nu l’hai chiù davanti". Matri Maria sentimi un pocu fa di stu portu un portu e consulu Fa di stu scielu un tettu d’amuri fa di scogghiu un lettu e riposu. E nzemmula si ncucchiunu li vusci do mediterraniu E fannu na parlata sula sulu na litania Na poesia a Matri Maria Maria Maria.
3.
Lampedusa 24/01/2009 Aprirono le porte del centro e uscirono gli uomini gridando E noi in piazza a contemplare il rumore del regime e del mare E quando arrivarono gridando il grido fu di un unico lamento E quel che volevano fosse terrore lo trasformammo in smisurato amore E quel che volevano fosse infranto lo trasformammo in miracoloso canto. Libertà, libertà, libertà. E s’abbeverarono alle nostre fonti e mangiarono dalle nostre tasche E dietro al palco degli oranti dell’ordine il tutore minacciava manganelli Ed io gli vomitai fascista e continuai con la mia protesta E vidi tra le tante divise le facce amiche dell’isolamento E quel che volevano fosse pazzia la trasformammo in dolce melodia. Libertà, libertà, libertà. E poi li riportammo dove qualcuno ci mostrò l’odore del dolore Ed io gridai al mio fratello fatti leggero e che ti porti il vento Ed io guardai al mio aggressore e riconobbi il mio stesso malumore E quel che volevano fosse sangue dal palmo lo trasformammo in religioso salmo E quel che volevano fosse sangue dal palmo lo trasformammo in religioso salmo. Libertà, libertà, libertà.
4.
A Peppino a Vittorio e a tutti i rivoluzionari pt.1 É bene che voi lo sappiate, loro non muoiono. Si può sventrare un corpo, farlo saltare in aria a brandelli, far torcere dal dolore il petto di una madre, si può anche impiccare un poeta, crocifiggere Dio, incarcerare un rivoluzionario, farlo impazzire, ucciderlo senza pietà, Ma è bene che voi lo sappiate, loro non muoiono. Si può infamare l’azione di un eroe, infangarne il nome, creare il vuoto intorno a lui, far credere follia il coraggio, stupidità l’ironia, maleducazione la schiettezza, si può far saltare in aria un corpo rendendo talmente piccole le sue parti da confonderle con l’aria. Ma è bene che voi lo sappiate, loro non muoiono. Sono vivi nei canti di rivolta Nelle preghiere a bassa voce Nei versi dei poeti In chi cerca giustizia. Loro sono vivi contro le vostre menzogne, le vostre guerre, il vostro denaro che puzza di morte, la vostra ipocrisia. E quando dite: "Se non lo faccio io lo farebbe comunque un altro” ricordate che quell’altro che voi dite non sarebbe uno di loro. Loro non muoiono, sono ancora con noi, contro di voi e stanno lottando.
5.
6.
Io non ho paura. Che i tuoi occhi siano verdi o blu, che tu preghi Maometto o Gesù Proveniamo dalla stessa forza che anima il vento che brucia nel sole Siamo la stessa polvere che vaga nell'universo in attesa d’amore. Che tu venga dal nord o dal sud, che tu parli il francese o l’indù Respiriamo la stessa aria, lo stesso gas, lo stesso profumo Combattiamo lo stesso sistema che in nome dei soldi è pronto a qualsiasi tortura. Tortura. Io non ho paura, io non ho paura. Vorrei saperne più su di te, della tua casa della rivoluzione Di come qualcuno non voglia vederti camminare per la strada Di come la televisione spaventi la gente rinchiusa in casa. Ti ho visto nelle campagne sudare, senza diritti sul tuo lavorare E ho visto qualcuno agitare lo spettro dell’invasione E qualcun altro gridare: "Sparargli addosso è la soluzione" Io non ho paura, io non ho paura. Ho visto molti lampedusani restare umani in mezzo all'inferno Dentro il silenzio di chi ci governa con cattiveria e senza pudore Dimenticandosi che il mediterraneo è un mare immenso è un mare d’amore. Quanto costa la vita di un uomo e quanto costa la dignità umana Quando si compiono le tragedie che voi avete creato Andate col tricolore a rendere omaggio a chi avete condannato. Io non ho paura, io non ho paura, io non ho paura, io non ho paura.
7.
La canzone di Adelina. Per le tue mani è passata la vita Queste vite fatte di sale e cemento Di passioni e lamento E ora che siamo solo residenti Di una piccola patria in cui nessuno nasce Il mare sarà la culla dei miei figli Il vento gli canterà le ninna nanne fischiando, fischiando. Sei stata prigioniera di un incanto Ma la magia ora è sepolta sotto gli alberghi Ed il rumore dell’acqua è travolto dal rombo di aerei potenti, potenti. Ma la magia che indossavi è sepolta nei camici tutti uguali Di dottori che hanno studiato la freddezza. Nessuno viene più alla luce In quest’isola piena di ombre Nessuno viene più alla luce In quest’isola che non trova pace La pace. Dalle tue mani è passato il mondo Il mondo che ora è distratto dai conti in banca E dalle rate di automobili troppo grandi Per queste strade che si ribellano all'asfalto Tra queste case piene di cose dimenticate Di famiglie che sedevano sui marciapiedi a raccontarsi i sogni Mentre mangiavano i pesci con le mani, le mani. Nessuno viene più alla luce In quest’isola piena di ombre Nessuno viene più alla luce In quest’isola che non trova pace La pace.
8.
Alì dagli occhi azzurri. (Tratta da “Profezia” di Pier Paolo Pasolini) Alì dagli Occhi Azzurri uno dei tanti figli di figli, scenderà da Algeri, su navi a vela e a remi. Saranno con lui migliaia di uomini coi corpicini e gli occhi di poveri cani dei padri sulle barche varate nei Regni della Fame. Porteranno con sè i bambini, e il pane e il formaggio, nelle carte gialle del Lunedì di Pasqua. Porteranno le nonne e gli asini, sulle triremi rubate ai porti coloniali. Sbarcheranno a Crotone o a Palmi, a milioni, vestiti di stracci asiatici, e di camicie americane. Subito i Calabresi diranno, come da malandrini a malandrini: «Ecco i vecchi fratelli, coi figli e il pane e formaggio!». Da Crotone o Palmi saliranno a Napoli, e da lì a Barcellona, a Salonicco e a Marsiglia, nelle Città della Malavita. Anime e angeli, topi e pidocchi, col germe della Storia Antica voleranno davanti alle willaye. Essi sempre umili, Essi sempre deboli, essi sempre timidi, essi sempre infimi, essi sempre colpevoli, essi sempre sudditi, essi sempre piccoli, essi che non vollero mai sapere, essi che ebbero occhi solo per implorare, essi che vissero come assassini sotto terra, essi che vissero come banditi in fondo al mare, essi che vissero come pazzi in mezzo al cielo, essi che si costruirono leggi fuori dalla legge, essi che si adattarono a un mondo sotto il mondo, essi che credettero in un Dio servo di Dio, essi che cantavano ai massacri dei re, essi che ballavano alle guerre borghesi, essi che pregavano alle lotte operaie… deponendo l’onestà delle religioni contadine, dimenticando l’onore della malavita, tradendo il candore dei popoli barbari, dietro ai loro Alì dagli Occhi Azzurri. Usciranno da sotto la terra per uccidere, usciranno dal fondo del mare per aggredire, scenderanno dall'alto del cielo per espropriare, e per insegnare ai compagni operai la gioia della vita, per insegnare ai borghesi la gioia della libertà, per insegnare ai cristiani la gioia della morte, distruggeranno Roma e sulle sue rovine deporranno il germe della Storia Antica. Poi col Papa e ogni sacramento andranno su come zingari verso nord-ovest con le bandiere rosse di Trotzky al vento…

about

Lampemusa nasce nei mesi dell'"Emergenza Nord Africa” a Lampedusa. Durante quel periodo Giacomo si trova impegnato con l’associazione culturale ASKAVUSA tra la solidarietà con i giovani tunisini e le azioni di protesta nei confronti delle scelte del governo che avevano ridotto gli abitanti dell’isola e i tunisini a vivere nell'ennesimo stato di emergenza.
Si arrivò ad essere circa 8 mila tunisini a fronte dei 5.871 lampedusani e l'isola divenne un campo profughi a cielo aperto senza nessun tipo di supporto da parte delle autorità.

L’album contiene otto tracce registrate in diversi momenti tra Lampedusa e Roma dove il cantautore decide di attuare lo sciopero della fame dal 24 marzo fino al 30 marzo del 2011 davanti al parlamento e al senato.

Il disco nasce dall'esigenza di raccontare alcuni aspetti dell’isola, in un momento particolare e intenso, in maniera istintiva e veloce, con il supporto fondamentale di Piergiorgio Faraglia e Marc de Dieux.

A tutti coloro che hanno trovato in Lampedusa la salvezza

A coloro che non l’hanno potuta vedere

A tutti quelli che vedendola se ne sono innamorati.



Testi/musica/voce e chitarra : Giacomo Sferlazzo

Registrato e mixato da Piergiorgio Faraglia



Musicisti: Piergiorgio Faraglia, Ajad, Gianluca Vitale, Alessandra Parisi, Giacomo Sferlazzo.

Foto di : Mauro Seminara, Gianni Cipriano, Riccardo Scibetta.

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released August 8, 2011

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Giacomo Sferlazzo Lampedusa, Italy

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